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«La morte di questo uomo amabile ed amato, come l’ha definito Papa Francesco nel suo Messaggio, non è una sconfitta della vita. Al contrario, ne è la pienezza. La sua morte è una vittoria. Ce lo conferma la Seconda Lettura, tratta dalla Passione secondo Matteo», sottolinea subito Scola.
Chiaro il riferimento alla Risurrezione, «pieno compimento del nostro destino», approfondito anche attraverso un brano dell’omelia della Pasqua 2011 del cardinale Tettamanzi.
«Moltissimi tra noi – penso anche a me, alla nostra lunga collaborazione ed amicizia – hanno nel cuore fatti e momenti in cui hanno potuto godere dell’intensa umanità del Cardinale Dionigi. Ad essi ritorneremo quasi a preziose reliquie. Di essi parleremo agli adolescenti, ai giovani, a figli e nipoti per aiutarli a crescere. Colpiva in lui il permanente sorriso, espressione di una umanità contagiosa, riverbero della tenerezza di Gesù e di Maria Santissima verso tutti coloro che incontrava e, con eccezionale pazienza, salutava ad uno ad uno. Era inoltre profondamente competente nel campo delle scienze morali e bioetiche, come rivelano le numerose pubblicazioni e, in modo speciale, la collaborazione diretta con San Giovanni Paolo II, con Benedetto XVI e con Papa Francesco», dice subito il successore di Tettamanzi sulla Cattedra di Ambrogio e Carlo.
Il pensiero va anche alla metropoli: «Il rapporto del Cardinale Dionigi con la società civile ebbe un peso notevole. Si manifestò non solo attraverso un’apertura al confronto sociale a cui va aggiunto quello ecumenico e interreligioso, ma anche attraverso un’attenzione ai problemi della famiglia, delle famiglie ferite, della vita, del lavoro e dell’emarginazione nelle sue tante e dolorose forme. Il Cardinale era guidato da un profondo senso di giustizia che si esprimeva nella promozione e nella difesa dei diritti di tutti e di ciascuno vissuti nel loro legame profondo con i doveri e garantiti da buone leggi. Seppe denunciare senza timidezze, ma sempre in modo costruttivo, i mali delle nostre terre»
Da qui la responsabilità che viene a tutti da una vita tanto generosamente spesa e da un’eredità che la Chiesa ambrosiana saprà mantenere viva trovando forme e modi: «Affidare, come ora stiamo facendo, il Cardinale Dionigi al Padre, non può ridursi ad un gesto di umana gratitudine. Deve scavare in noi in profondità, interrogarci sullo stato della nostra fede e sulla disponibilità a lasciarci prendere a servizio, a spezzare ed offrire tutta la nostra vita come il Cardinale ci ha insegnato fino alla fine, soprattutto negli ultimi mesi della sua malattia, portata in atteggiamento di piena e consapevole offerta».
Ascolta integralmente l’omelia dell’Amministratore Apostolico Cardinal Angelo Scola